Non leggerai by Antonella Cilento

Non leggerai by Antonella Cilento

autore:Antonella Cilento
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2019-08-14T16:00:00+00:00


Aisha

Le Sorelle Adoratrici di Santa Patrizia e del Crocifisso Madre del Carmelo Regina Paradisi avevano ottenuto che l’Asilo della Pino Daniele restasse nelle loro mani, dopo la dismissione del reclusorio femminile.

L’Asilo ospitava quasi solo bambini del quartiere, non di tutta la città come le classi medie e superiori della Scuola Riassunto, ed era un asilo notoriamente pieno di bambini terribili. Anche le Suore avevano la fama della cattiveria più efferata.

Farenàit contemplò le alte statue di marmo carnoso, le finestre ricciute, le pareti ocra e rosse scrostate: l’Asilo emanava l’aria cupa e insieme effervescente del Barocco da lunghi anni senza restauro.

Vista da lì, la cava della Sanità somigliava a un deserto di pietra e antenne.

Farenàit ed Help annusarono l’aria: puzzava di candeggina, gomma bruciata, pentole sporche.

Un coro urlante crebbe dal fondo del cortile, le raggiunse e le attorniò: una torma di bambinette e bambinetti dall’aria diabolica.

«Ah, voi siete nuove?» chiedeva una con il frontino di stelle di Natale in stoffa e tre denti mancanti.

«Uh, chesta tene ‘e tatuaggi...» strillò uno, aggrappandosi forte al braccio di Help, che annusò gesso, sugo e sporco misto.

«Chesta è chiattuncella...» fece un’altra faccia da delinquente formato mignon.

«Ma questi bambini hanno sei, sette anni...» esclamò Farenàit.

«Anche dieci» disse uno con l’aria scafata.

«Pure dodici» fece un altro. «Vuò ascì cu’ mme?» e fece l’occhiolino a Farenàit.

«Restano qui» spiegò Help. «Le famiglie sono in carcere o hanno altri tipi di problemi, nessuno paga le tasse per le scuole e così...»

«Pàtemo sta a Poggioreale, e quando mi faccio gruosso ci vaco pure io» disse orgoglioso il dodicenne seduttore.

«Mamma, invece, fa ‘a vita» disse una bambina dall’aria angelica, la faccia lorda di cioccolato, che poteva averne quattro, «e non tiene tempo di abbadarmi...»

Nel gruppo spiccava un cerchio di bambine senegalesi, nigeriane e ghanesi, di varia età e altezza, silenziose e attente. Si udì un fracasso dalle stanze interne. Una suora anziana, simile a un grosso e affaticato dromedario, correva dietro a un tipetto svelto, che si rintanò sotto un tavolo, come un gatto.

«Dazan! Dazan!» strillò la suora, tossendo.

Il freddo di dicembre disegnò nuvolette nell’aria meridiana.

«L’albanese ha fatto ‘o guaio» sorrise candida e perfida una delle pupette nigeriane.

La suora si tolse una scarpa per tirarla contro Dazan, quindi vide Help e Farenàit che la fissavano a occhi sgranati e si ricompose, avvicinandosi.

«Oggi ci aiutate per il pranzo» disse senza salutare e senza spiegazioni.

Furono spedite nella mensa, un ex dormitorio dalle pareti maculate dalle ombre di crocifissi precedenti e quadri staccati. Si vedevano i segni dei letti di ferro che un tempo avevano riempito la camerata. La cucina era fornita di un armamentario da campo.

Un solo schermo, irruzione irreale della contemporaneità, mandava video educativi della Santa Sede che nessuno ascoltava.

«Ma che schifo...» piagnucolò Farenàit immergendo le sue unghie total black nella melma di sapone.

«Lo so, le prime volte sembra terribile.»

Farenàit si voltò.

Una ragazzina che doveva avere più o meno la sua età ma che sembrava appena partorita dal paradiso delle Mille e una notte (c’era anche questo libro nella cassa da morto e



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